SPERIAMO
CHE QUESTA INIZIATIVA POSSA SERVIRE AD INSEGNARE A QUESTE PERSONE VIOLENTE
CHE L’AMORE NON E’ POSSEDERE E CHE
LA PROPRIA RABBIA SI POSSA TRASFORMARE IN BENZINA PER LA VITA
CHE L’AMORE NON E’ POSSEDERE E CHE
LA PROPRIA RABBIA SI POSSA TRASFORMARE IN BENZINA PER LA VITA
E’ come un
«Fight Club» dove ci si allena a diventare buoni. Sei, sette uomini in cerchio.
Un insegnante, un immigrato peruviano, un commercialista. Se le loro vite
avessero continuato a viaggiare sui binari su cui sembravano dirette, non si
sarebbero mai incontrati. Poi, dentro ognuna delle loro teste, è scattato
qualcosa. O si sono risvegliati fantasmi d’infanzia.
Chi prova a
lasciarsi alle spalle i raptus che sbranano le famiglie e gli affetti parte dal
numero verde, 0112478185; dietro la cornetta, c’è uno dei cinque operatori che
anima lo «Sportello telefonico per l’ascolto del disagio maschile». Hanno fatto
formazione all’estero, costruito una rete con le altre associazioni torinesi.
Dopo il colloquio telefonico ti ricevono in un piccolo ufficio. «La nostra
parola d’ordine è condivisione», dice Domenico Matarozzo, uno dei fondatori.
Detesta il termine «maltrattanti», la definizione ufficiale utilizzata per chi
non riesce a fare a meno di alzare le mani. Spiega che il primo passo per uscire
dal labirinto dei soprusi è assumersi la responsabilità dei propri gesti. Ed è
difficile. «Il 95% delle violenze domestiche non è denunciato, dimora nel
silenzio, se ne sa ancora abbastanza poco e l’uomo molto spesso non le
riconosce. Prova a minimizzare», ragiona.
Al “Cerchio
degli uomini”, a differenza di altre strutture simili, non si fa terapia. Si
condivide. Niente farmaci, niente psicologia. Solo, un’analisi dei gesti, degli
atteggiamenti. Soprattutto, delle idee. «Ci confrontiamo, andiamo alla radice».
Ma come si ferma la rabbia folle, quella che acceca? Un buon metodo è tenere un
diario, raccogliere le sensazioni. Poi, una volta a settimana, per un anno, si
sputa fuori tutto, seduti in cerchio. Insieme a T., extracomunitario imbevuto di
«machismo». Al fianco di Y., laurea e appartamento in collina. Non sono malati -
dice il counseller Roberto Poggi - ma persone che devono imparare a mettersi in
discussione. Qualcuno molla subito. Altri si mettono in gioco. I gelosi
compulsivi, per esempio. Capiscono che se lei ti tradisce puoi uscire dalla
relazione. «C’è sempre una soluzione migliore» prosegue.
Tanti non
riescono ad accettare che una donna faccia carriera, che abbia una posizione
sociale migliore. E allora scattano le angherie. «È un problema culturale»,
prosegue. «Qui i maschi si rendono conto delle loro fragilità». Mica facile. La
recidiva è altissima, mollare, un attimo. Racconta Maratozzo che in quattro anni
sono passate di qui 250 persone, ma solo ottanta hanno avuto la forza di
mettersi in gioco.
A volte bisogna
scavare. Un uomo e una donna. Lui è transitato da via Bruino. Picchiava la
moglie. Lei, la sorella, era succube del marito. Una vittima designata. La
soluzione del segreto stava nella famiglia d’origine, nelle botte del padre.
Fuoco sulla benzina del disagio. La quota di violenti con la propria partner -
spiega Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat – è pari al 30% fra
chi ha assistito a violenze contro la propria madre, al 34,8% fra coloro che
l’hanno subita, e al 6% tra chi non ha mai visto nessuno alzare le mani.
Attraverso una serie d’interviste l’istituto ha anche tracciato il profilo
dell’uomo che odia le donne: ha tra i quarantacinque e i cinquantaquattro anni,
un grado d’istruzione basso, il 37% ha una licenza elementare o nessun titolo di
studio, meno del 6%, invece, è laureato. Giù nello stanzone di via Bruino le
statistiche diventano carne, ossa, lividi.
«Qui viene
chiunque», dice Matarozzo. Uomini in divisa, docenti insospettabili. Come L.,
stalker compulsivo. Mesi sulle tracce della sua amante. Mentre moglie e figli lo
aspettavano. «Non poteva fare a meno di seguirla». Al Cerchio fa un lungo
viaggio fino alle «origini del male». Ora, finalmente, è tornato a casa.
(Fonte:
Lastampa.it)
Nessun commento:
Posta un commento