martedì 18 dicembre 2012

IL DURO MESTIERE DEI GENITORI...


OGGI GIORNO E' SEMPRE PIU' DIFFICILE FARE IL GENITORE, MA CON LA COSTANZE E LA DETERMINAZIONE, INSEGNANDO DETERMINATI VALORI AI PROPRI FIGLI, SI SPERA DI ARRIVARE, CON ENORMI SACRIFICI, A DEI RISULTATI...



Mio caro bimbo, sono le due di notte e ti sento muovere nel tuo lettino. Mi chino su di te, ti scosto un po’ il lenzuolo, forse hai caldo. È il periodo più difficile della mia vita. Dopo un po’ sento che ti riaddormenti, pacifico e beato. Mi stendo un po’ sul divano, provo a riposare, magari riesco ad addormentarmi anch’io, ma la nausea e il senso di vomito non mi danno tregua. Non posso lamentarmi troppo, so che la chemio non è indolore. All’inizio avrei fatto la firma perché dopo ogni seduta il malessere non era così doloroso, ma purtroppo questa volta le complicazioni sono state parecchie e ogni volta è peggio della precedente. Mentre provo a chiudere gli occhi per un po’ di calma, mi vengono strani pensieri e l’immaginazione galoppa. Mi vedo fra una decina di anni, sempre a quest’ora e su questo divano, ma tu non sei nel tuo lettino, addormentato e al sicuro fra le pareti di casa. Probabilmente sarai in giro con gli amici, in discoteca, in un bar e comunque su una strada. Forse avrai un motorino tuo o sarai salito in macchina con qualcuno. Caro figlio, una madre che ti ha custodito in grembo per tanti mesi, che ti ha nutrito, parlato, ha sentito i tuoi calci, i tuoi movimenti, è legata a te non solo dal cordone ombelicale ma da un sentimento così profondo e viscerale che vorrebbe proteggerti ogni istante della tua vita. Al momento di metterti al mondo il dolore è talmente forte che ti sembra di non farcela: e poi finalmente eccoti, bello e sano, e il dolore passa, poco a poco. Metterti al mondo è stato un dono che ti ho fatto: ti ho dato la vita. Da piccolo non te ne rendi conto, e noi adulti abbiamo paura perché il mondo che ti stiamo dando non è né pulito né sano, ma tu sei vivo, respiri, puoi vedere la natura, sentirla. Ma quando sei «grande» non ti fermi a pensare a quello che puoi fare, che puoi essere, diventare. E la vita, quel prezioso dono che credevo di averti dato, per te diventa un gioco. E allora mi chiedo a cosa è servito proteggerti tutti questi anni se appena sei libero di muoverti da solo cerchi di giocartela correndo in moto, in macchina, bevendo o sniffando. Cari figli, il mio è un appello a nome di tutte le mamme e di tutti i genitori, di coloro che vi crescono con sacrificio e amore e vi «stressano» perché stiate attenti ai pericoli di questo mondo. La vostra giovane età è la più bella, se vissuta con attenzione e senza pretendere emozioni impossibili e dannose. Provate a chiedervi cosa significa in piena notte aprire la porta al dolore, alla morte che ha preso fra le braccia una giovane vita. Tante parole si sprecano per lenire un po’ il dolore, ma la scintilla negli occhi di un padre o di una madre è ormai spenta, il loro sorriso sarà sempre velato di tristezza. E al funerale del vostro amico piangete disperati e vi specchiate negli occhi straziati e gonfi dei suoi genitori: la loro vita è distrutta, non passerà giorno senza dolore per quel figlio sottoterra. Allora vi chiedo, provate ad immaginare gli occhi dei vostri genitori con la stessa sofferenza e strazio. Se amate le persone che vi hanno dato la vita, proteggetela con tenacia, non barattatela per un po’ di adrenalina, non inseguite il mondo pazzo che vi offre chimere e vi lascia vuoti, quando non vi lascia senza vita. Cari figli, vi sembra che i genitori non vi capiscono e questa società vi spinge a prendervi tutto, subito e senza voltarvi indietro, vi sprona e vi spreme senza che vi rendiate conto che chi paga siete voi, solo voi. Vi viene urlato che per divertirsi serve sballarsi, fumare qualcosa altrimenti non sei «in», per dimostrare coraggio devi correre… ma se va male dimostri solo che il tuo corpo è un involucro meraviglioso, ma dopo una sbandata non esci indenne dall’auto come i protagonisti dei film, a te basta centrare un albero e il tuo cuore cede all’istante. E quanto vi «rompiamo» con i nostri «quando eravamo giovani noi», ma purtroppo è la verità: quei tempi erano permeati di semplicità, di rispetto per gli altri e di buona educazione e ora siamo senza parole quando sappiamo che i ragazzini fumano già alle medie, che vi impasticcate perché altrimenti non sentite la vera musica, che offrite i vostri corpi perché «è bene fare esperienze». Quando ci guardate con quegli occhi spenti, che hanno già visto troppo, quando ci gridate «è un mio diritto!» ci sentiamo impotenti. Questo mondo vi riempie di messaggi forti e pieni di illusioni, ma alla fine di una strada percorsa ai 150 km all’ora ci siete solo voi, agonizzanti mentre invocate papà e mamma, perché vorreste che l’orologio tornasse indietro nel tempo, perché in quell’ultimo istante vi siete resi conto di quello che vale la vostra vita. Caro figlio, perdonami se non sarò capace di insegnarti che l’amore non è solo sesso, ma è sorridere davanti all’alba, emozionarsi per la natura, godere di cose semplici, banali, ma che ti fanno crescere con qualcosa di buono dentro. Sarà che in questo momento l’impatto con la malattia mi fa tremare al pensiero che potrei non vederti crescere, che vorrei spiegarti tante cose sulla vita, così che tu la possa amare in tutte le sue forme, quando sei giù e quando le cose vanno bene. È difficile portare avanti dei valori sani in questa società che ti marchia come «bigotto» se non ti adegui al suo passo. Caro figlio, ora torno a letto e spero di dormire, e nel corso dei prossimi anni se potrò viverli con te cercherò di insegnarti ad amare con semplicità la vita, la tua e quella degli altri, perché non sempre la fortuna ci dà due possibilità.
Mamma Lucia di Pergine

(Fonte: web http://forum.la7.it/viewtopic.php?f=4&t=1371373&start=710)

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...
Segnala a Zazoom - Blog Directory