giovedì 20 settembre 2012

ABBANDONARE IL LAVORO PER I FIGLI

 
HO SEMPRE SOSTENUTO CHE IL PAPA' O IL MARITO DEBBA AVERE UN LAVORO FISSO (UNA RETRIBUZIONE NORMALE MA COSTANTE E SICURA) E LA MAMMA O LA MOGLIE ACCUDIRE NEL MIGLIORE DEI MODI I PROPRI PARGOLI...
 
INVECE OGGI CI STANNO FACENDO PERDERE LA VOGLIA DI AVERE FIGLI...LA GIOIA PIU' BELLA PER UNA FAMIGLIA
...E NESSUNO FA NIENTE PER AIUTARTI!!
 
 
Quasi un milione di donne è stata licenziata o costretta a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Lo denuncia l'Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010 insieme a molti altri dati molti chiari su che cosa significhi essere madri in Italia. Una madre su 3 ha dovuto lasciare il lavoro per motivi familiari. Nella metà dei casi l’abbandono è dovuto alla nascita di un figlio, per un totale di oltre 800 mila donne. Una donna su cinque fra quelle che lavorano e hanno meno di 65 anni hanno lasciato il lavoro per il matrimonio, la gravidanza o per altri motivi familiari.

Non c’è molto da fare, figlio e lavoro sono ancora troppo spesso inconciliabili: l’uno esclude l’altro. Le donne di cui stiamo parlando infatti non hanno scelto di non lavorare: sono state costrette a non farlo, come sottolinea anche l’Istat.

Più si è in avanti con gli anni, meno si è esposte a rischi. Le interruzioni imposte dal datore di lavoro, infatti, «riguardano più spesso le donne più giovani: si passa infatti dal 6,8% delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1% di quelle nate dopo il 1973». Per queste ultime generazioni, le dimissioni in bianco quasi si sovrappongono al totale delle interruzioni a seguito della nascita di un figlio».

Il lavoro lasciato, spesso non si riconquista più. «Solo quattro madri su dieci tra quelle costrette a lasciare il lavoro, ha poi ripreso l'attività, ma con valori diversi nel Paese: una su due al Nord e soltanto poco più di una su cinque nel Mezzogiorno».

Le donne descritte dall’Istat nel rapporto 2010 sono il pilastro del welfare. Sono loro a reggere il carico maggiore nella rete d'aiuto familiare fondamentale per l'economia e la società. Ma «questo sistema è in crisi strutturale - avverte l’Istat - le donne non reggono più e non può essere più questo il modello che sostiene il welfare italiano».

In un anno due terzi degli aiuti arrivano da loro. Prestano «2,1 miliardi di ore d'aiuto a componenti di altre famiglie, pari ai due terzi del totale erogato». Tuttavia la situazione si sta modificando, senza che nessuno le sostituisca. Questo vuol dire che «la catena di solidarietà femminile tra madri e figlie - conclude l'Istat - su cui si è fondata la rete d'aiuto informale rischia di spezzarsi. Le donne occupate con figli sono sovraccariche per il lavoro di cura all'interno della famiglia e le nonne sono sempre più schiacciate tra cura dei nipoti, dei genitori anziani non autosufficienti e dei figli adulti».
 

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